Era la notte del 7 aprile, mi ero appena addormentato nella nostra tenda. Ci trovavamo in una zona adibita a campeggio insieme a centinaia di altri volontari, sul prato di un’università locale trasformato in quartier generale per le operazioni di soccorso presso Ishinomaki.
Circa trenta minuti prima della mezzanotte improvvisamente c’è stata una scossa di terremoto di magnitudo 6,0. Ho avuto l’impressione come se la terra mi spingesse verso l’alto, sembrava non finisse mai. Ho vissuto altri terremoti prima, ma la sensazione è sempre stata di rotolamento, questa volta, invece, la terra sussultava su e giù, intensamente.
Sono strisciato fuori dal mio sacco a pelo e sono uscito dalla tenda. Una sirena d’allarme aereo ha iniziato a suonare in modo assordante, e siamo stati avvertiti della possibilità di un altro tsunami. Da ogni tenda sono usciti i volontari, brandendo le loro torce nella notte.
Nonostante la potenziale gravità della situazione, tutti hanno dimostrato la stessa nobiltà d’animo che li ha condotti qui da ogni parte del Giappone per offrire il loro aiuto: con calma sono saliti in maniera ordinata al terzo piano dell’edificio universitario.
Nel buio del palazzo ci siamo seduti, in silenzio, trattenendo il respiro. Nessuno sapeva cosa stava per accadere. Infine qualcuno ha portato una radio e ci siamo sintonizzati su un canale di emergenza e di informazione. Dopo circa un’ora, l’allarme tsunami è rientrato e siamo tornati alle nostre tende. L’epicentro è stato localizzato nell’area di Sendai e fortunatamente non si sono registrati gravi danni.