Secondo giorno: 29 Marzo 2011 – resoconto di Viveka
Sveglia ancora presto: ci dividiamo in due gruppi. Uno rimuoverà le macerie dalle case danneggiate e dalle aree pubbliche. Il secondo gruppo cucinerà per le 900 persone che hanno trovato rifugio in una scuola e per gli abitanti delle case circostanti, che hanno pure bisogno di cibo.
Oggi sono nel gruppo impegnato in cucina. Le squadre di soccorso della Difesa (SDF) hanno allestito un grosso serbatoio per il rifornimento di acqua.
Andiamo lì a prendere dell’acqua per cuocere il riso aiutati dai volontari della SDF.
Mentre riempiamo le nostre taniche, due bambini piccoli, fratello e sorella, arrivano per prendere dell’acqua da bere con quattro bottiglie vuote e un secchio.
Mi offro di aiutarli a trasportare i recipienti più pesanti, ma con commovente gentilezza e rispetto declinano la mia offerta, poi s’inchinano ai membri della SDF dicendo: “Molte grazie per il vostro duro lavoro e per tutto il vostro aiuto”.
Dopo di ciò pongono una caramella nella mano di ogni soldato.
Mentre ci allontaniamo con il furgone, ci salutano con timidi sorrisi muovendo le loro piccole mani.
So che questi bambini hanno perso la casa e che hanno lo stomaco vuoto, ma mi sorridono e io posso rispondere solo con un sorriso.
Spero di rivederli più tardi quando distribuiremo il cibo.
All’esterno del rifugio temporaneo sono legati due cani. Nessuno sa a chi appartenessero prima dello tsunami – ora sono di tutti gli abitanti del rifugio e hanno nuovi nomi Shiro (Bianco ) e Chibi (Piccolo).
I bambini, ogni volta che passano accanto a loro, li chiamano e li accarezzano con affetto e i cani scodinzolano gioiosamente. Sia i cani sia molti bambini sono diventati recentemente orfani e insieme ora si aiutano a superare il dolore delle loro perdite.
Allestiamo la cucina da campo e prepariamo una zuppa calda, alcune donne rifugiate ci aiutano preparando polpette di riso ‘onigiri’.
Anche un altro gruppo di donne si unisce a noi: sono arrivate dal nord, da Niigata, un paese colpito da un grave terremoto nel 2004. Allora tanti volontari erano accorsi ad aiutare quella popolazione e ora esse sono venute qui per ricambiare il favore.
Hanno portato verdure fresche—daikon (ravanello bianco gigante), funghi, negi (una specie di cipolla), carote e altro—e hanno trascorso gli ultimi due giorni a tagliarle.
Sono felici di poter contraccambiare l’aiuto che avevano ricevuto nel momento del bisogno e hanno anche desiderato comunicare un messaggio: “Con l’aiuto, superammo difficoltà terribili, e siamo certe che anche voi sarete in grado di farlo!”
Quando portiamo il cibo al rifugio siamo accolti dai sorrisi: è freddo e i rifugiati sono felici di ricevere un pasto caldo. Mentre li serviamo continuano a inchinarsi ringraziando. Anche noi siamo felici del sorriso che illumina il loro viso.
Ci raccontano che i primi giorni dopo lo tsunami, per avere una sola polpetta da dividere in tre persone, dovevano fare una lunga fila e la polpetta era talmente piccola che risultava difficoltoso tagliarla, tuttavia erano contenti di condividerla. A volte non c’era nulla da mangiare e riempivano lo stomaco solo con acqua.
Alcune persone sono venute per aiutarci a servire, a pulire e a caricare il camion quando abbiamo finito. Alla fine quasi tutti vengono a ringraziarci e ci salutano.
Queste persone hanno perso tutto ma non sono disperate
Sono colpito dal fatto che siamo venuti a offrire aiuto e abbiamo ricevuto in cambio tanta felicità. I nostri occhi e i loro sono colmi di lacrime. Queste persone hanno perso tutto – le loro case sono state distrutte dall’acqua, molti familiari sono dispersi, ma essi non sono disperati—scherzano con noi mentre lavoriamo e anche gli anziani s’impegnano duramente, pulendo toilettes e stanze.
I giovani rimuovono le macerie e le case danneggiate.
Un uomo mi dice: “Ho perso tutto, la mia casa non c’è più, e non so cosa fare”. Mentre parla, guarda il cielo con un sorriso gentile.
Poi mi guarda di nuovo e dice: “Cerco ancora di avere un atteggiamento positivo e di fare del mio meglio…”.
Mi chiedo se riuscirei a mantenere lo stesso spirito se mi trovassi nella sua situazione. E’ impossibile non avere un profondo rispetto e ammirazione per queste persone.
Più tardi andiamo alla base SDF per prendere biancheria, shampoo, caffè, etc. da distribuire ai rifugiati.
Sono sorpreso alla vista dell’enorme quantità di materiale presente nella base, questo è il punto di raccolta centrale di Ishinomaki, gli aiuti provengono dal Giappone e dalle organizzazioni internazionali, vengono distribuiti ai rifugi temporanei e consegnati alle ONG, come nel nostro caso, che dopo aver firmato una ricevuta, provvedono alla distribuzione.
La base è aperta 24 ore su 24, per ricevere i materiali e per distribuirli, e sta operando nel migliore dei modi. La difficoltà maggiore è nel raggiungere le persone che vivono nelle case, le quali avrebbero un grande bisogno di aiuto ma che non è ancora stato possibile raggiungere.
Ci sono anche altre difficoltà pratiche. Ad esempio, il punto di distribuzione ha ricevuto pacchi di spaghetti di riso istantanei, ma nei rifugi non c’è la possibilità di scaldare l’acqua, così è molto difficile prepararli. Anche oggi abbiamo avuto un paio di lunghe e forti scosse di terremoto.
si incontrano in piccoli gruppi
Ogni sera i rappresentanti delle organizzazioni di volontariato impegnate nei soccorsi si incontrano nel campus universitario adibito a quartier generale.
Gli incontri servono per organizzare al meglio le forze in campo, valutando di volta in volta le problematiche che quotidianamente si presentano, si cerca di ottimizzare il lavoro dei volontari.
Ci si scambiano informazioni sulla sistemazione dei rifugi temporanei, sui luoghi migliori in cui allestire le cucine da campo, sulle aree che hanno bisogno della rimozione delle macerie, sugli interventi di natura medica e anche su come prendersi cura degli animali.
Si è evidenziato principalmente che è necessario un numero maggiore di persone da adibire alla rimozione delle macerie… talmente ampia è la devastazione.
Altra cosa di cui tener conto è l’interazione con i profughi: importante è chiedere loro quello di cui hanno veramente bisogno e non lavorare sulla base di supposizioni. Per ottimizzare l’efficienza abbiamo creato piccoli gruppi di lavoro che cooperano tra loro.
Nel nostro prossimo viaggio abbiamo pensato di sistemarci in tenda, nel campo assieme agli altri volontari.
Ogni sera c’è un incontro nel campus dell’università locale, dove si è stabilito una specie di quartier generale dei volontari. Rappresentanti di tutte le organizzazioni volontarie hanno qui scambi d’idee e informazioni sui luoghi dei rifugi temporanei, dei posti migliori per cuocere il cibo, su quali aree hanno bisogno di pulizia, informazioni mediche… ci sono anche veterinari che danno informazioni su come proteggere gli animali.
I gruppi condividono le informazioni sui posti dei rifugi temporanei e cooperano per assicurare che ogni rifugio sia servito.
L’acqua e l’energia elettrica sono ancora sospese in parecchie aree e la maggioranza delle persone non hanno avuto la possibilità di lavarsi per giorni.
Ora la corrente elettrica è stata riattivata e l’acqua molto lentamente sta ricominciando ad arrivare, ma è troppo fredda per farsi il bagno, la SDF è riuscita ad allestire bagni caldi solo per poche persone.
Non ho fatto un bagno da quando ho lasciato Tokio, e anche il cibo è scarso, non mangiamo ciò che prepariamo per i profughi, non vogliamo privarli di quel poco che hanno, ci nutriamo solo con un po’ di spaghetti di riso istantanei ma per noi non è un problema, sappiamo che i nostri disagi sono poca cosa paragonati a quelli delle persone che stiamo aiutando.
Il sentimento che provo è gratitudine per l’opportunità che mi è concessa di servire queste persone: fuori fa freddo ma la sensazione è di un indimenticabile calore.